Tratto da Trame, il nostro depliant. Venite a trovarci e avrete la vostra copia!
I terreni fertili e la disponibilità idrica hanno favorito l’insediamento nella Valle di Mezzane già in epoca preistorica; il ritrovamento di punte di selci e attrezzi attribuiscono al medio paleolitico i primi stanziamenti. Dal XV secolo a.C. la vallata vide la presenza degli Euganei, tribù preistoriche dedite principalmente all’allevamento di cavalli e all’agricoltura, fino all’arrivo dei romani.
Sotto l’impero romano, con la costruzione della Via Cara che portava dal Castrum di San Mauro di Saline, alla Postumia (attuale incrocio delle 4 strade a San Pietro di Lavagno), Mezzane divenne un importante centro con un florido mercato e numerose ville residenziali.
L’attività agricola, oggi come allora, rappresenta il fulcro della vita della vallata definendone il paesaggio, le sue caratteristiche fisiche, antropiche, biologiche ed etniche.
Geograficamente la vallata di Mezzane si sviluppa da Nord a Sud dapprima con colline coltivate a vigneto ed olivo che salgono di quota dolcemente fino a 500-600 metri s.l.m. Da qui le pendenze si fanno più aspre e le colture arboree lasciano il posto a prati e boschi della Lessinia.
Il versante ovest, più ripido, ha terreni ghiaiosi e ciottolosi originati dalla sedimentazione di materiale trasportato da ghiacciai e dal loro scioglimento.
A nord il fondovalle è composto principalmente da detriti che si sono accumulati per gravità. A sud, invece, è presente una maggiore componente argillosa per la natura alluvionale di questi suoli.
Nel versante Est, quello che ci ospita, i calcari si fanno più compatti e stratificati. Questo tipo di roccia è tipico dei terreni in Lessinia. In quota assume una durezza superiore a quella degli ambienti collinari e, fino a metà del secolo scorso, veniva usata per la costruzione delle caratteristiche abitazioni e stalle.
I corsi d’acqua, che dalle numerose sorgenti scendono dai fianchi e confluiscono nel “Progno di Mezzane”, da sempre sono una fondamentale risorsa per l’agricoltura della vallata.
Qui a Corte Sant’Alda (versante Est) il biancone è estremamente presente, roccia che in tutti i vigneti si mostra col suo candore, costituito da calcare quasi puro originato da resti di innumerevoli microorganismi marini. L’assenza di componenti grossolani e l’estrema finezza del sedimento lasciano supporre un ambiente di sedimentazione tipico di un mare profondo e lontano dalla terraferma.
Pur mantenendo la propria matrice calcarea, il terreno può essere più o meno profondo con presenza di selci e argilla o di scaglia rossa, stretta parente del marmo rosso di Verona.
A causa della scarsa disponibilità idrica (a Mezzane la piovosità media si aggira intorno agli 840 mm annui distribuiti su 86 giorni e le temperature medie annue si attestano a 12.9° C) Le radici delle viti si spingono fino agli stati rocciosi non ancora disgregati, nel loro cammino per capillarità assorbono le piccole riserve d’acqua imprigionate nelle microfratture degli strati di calcare.
La pianta, con organi radicali profondi, risulta avere una resistenza maggiore sia alla siccità che ad elevate temperature estive. L’acqua del pozzo prelevata a circa 450 mt di profondità è appena sufficiente per rifornire solo quei vigneti dove la roccia dura quasi affiora.
La nostra storia parte nel 1986, quando, gli ettari vitati erano 4, con età media di 35 anni e l’unica forma di allevamento conosciuta era la pergola intercalata da ciliegi, parte integrante della struttura di palificazioni del vigneto. Gli olivi piantati su argini e piccoli fazzoletti di terra contribuivano al bilancio produttivo della famiglia rurale.
Armati di tanta buona volontà, un po’ di incoscienza e pochi spiccioli in tasca, le tonalità del verde, della terra e del vino del nostro ARAZZO hanno iniziato a riprendere forme e colori.
Una piccola rivoluzione “pionieristica” per la realtà della valle di Mezzane è stato il cambiamento della forma di allevamento. Con il 1986, dalla pergola si è arrivati al primo guyot passando per il cordone speronato e l’alberello (sesto d’impianto romantico ma scarsamente applicabile alle nostre varietà) abbracciando totalmente e senza compromessi esigenze qualitative allora all’avanguardia. Col tempo si sono provate varie combinazioni di sesto d’impianto, nel 1986 3×0,8 nel vigneto macie, nel 2005 al 1,4×0,8 del Cavallero, per tornare poi nel 2009, ed oggi nel 2016, ad un sesto d’impianto più razionale di 1,80x 0,8.
Una insoddisfazione crescente, dovuta non tanto ai risultati (i primi successi e riconoscimenti sono arrivati fin dal 1995) ma legata alle “MODERNE” pratiche di campagna, ci hanno portato nel 2002, dopo l’incontro con Nicolas Joly a Milano sulla Biodinamica, ad abbracciare un Mondo Nuovo fatto di persone, sentimenti, di piccoli dettagli.
Una svolta che ci ha permesso di salvaguardare e migliorare questo paesaggio.